Domenica Bertè nasce a Bagnara Calabra, in provincia di Reggio Calabria, il 20 settembre 1947, secondogenita di quattro figlie: la maggiore, Leda, nata nel 1945, le più giovani Loredana (1950) – che curiosamente è nata lo stesso giorno e lo stesso mese, anch’ella divenuta famosa come cantante – e Olivia (nata nel 1958). Il padre, Giuseppe Radames Bertè (nato nel 1921), un insegnante di latino e greco originario di Villa San Giovanni, si era trasferito nelle Marche per motivi di lavoro, trascorrendo parte del soggiorno in questa regione nel comune di San Ginesio, dove aveva insegnato presso l’Istituto Magistrale “Alberico Gentili”, divenendo successivamente preside di liceo ad Ancona. La madre Maria Salvina Dato (1925-2003), anch’ella nativa di Bagnara Calabra, faceva la maestra elementare.
“Mimì” (così era chiamata in famiglia) trascorre l’infanzia nel maceratese, a Porto Recanati, e mostra sin da subito uno spiccato coinvolgimento per il mondo della canzone italiana, allora dominato dalla radiofonia, ben prima dunque della diffusione del piccolo schermo televisivo. Inizia dunque a cantare all’interno di feste e balere, e dopo aver effettuato diverse serate come cantante intrattenitrice, ed aver tentato alcuni piccoli concorsi per voci nuove, nel 1962 convince la madre ad accompagnarla a Milano, in cerca di un’audizione nella speranza di ottenere un contratto discografico.
Gli esordi: Mimì Bertè
L’unico disposto a metterla alla prova è il grande autore e discografico Carlo Alberto Rossi, che in poco tempo decide di lanciarla come ragazzina yé-yé, seguendo la moda musicale del momento. Con la canzone Ombrello blu, partecipa al Festival di Pesaro, in abbinamento con Marisa Terzi, moglie dello stesso Carlo Alberto Rossi.
Nel 1963, la giovane Mimì Bertè, incide con il suo vero nome i primi 45 giri su etichetta CAR Juke Box.
A maggio del 1964 vince il Festival di Bellaria, con Come puoi farlo tu, ma è la canzone Il magone a regalarle la vera notorietà. Segue una certa attenzione da parte di giornali e tv, nonché un altro discreto successo, Ed ora che abbiamo litigato, presentato sempre nel 1964 a Teatro 10.
I numerosi provini realizzati in quel periodo, in previsione di un album, rimangono però nel cassetto per quasi trent’anni: Carlo Alberto Rossi, auspicando infatti una sua crescita musicale, la spinge a firmare per una casa discografica più grande, la Durium, che nel 1966 pubblica il 45 giri Non sarà tardi / Quattro settimane, senza però riscuotere particolare successo.
A non funzionare è probabilmente lo scanzonato cliché nel quale sembra essere relegata la giovane cantante, già allora ispirata dalla vocalità blues di artiste come Etta James e Aretha Franklin. Trasferitasi a Roma con la madre e le sorelle, tenta di emergere nuovamente formando un trio assieme alla sorella Loredana e al suo amico Renato Fiacchini (successivamente Renato Zero), guadagnandosi anche da vivere con un modesto impiego presso il sindacato dei cantanti e dei cantautori.
Nel 1969 sconta quattro mesi di carcere a Tempio Pausania per essere stata scoperta in possesso di una sigaretta di marijuana durante una serata in una nota discoteca in Sardegna, reato che all’epoca non prevede ancora alcuna distinzione dal possesso di altre forme di stupefacenti, e pertanto severamente perseguibile. Da questa accusa la cantante viene successivamente prosciolta in maniera definitiva, ma l’esperienza del carcere (durante la quale tenta anche il suicidio), la segnerà per il resto della vita.
Conseguentemente viene anche bloccata la pubblicazione del 45 giri Coriandoli spenti/L’argomento dell’amore, inciso qualche mese prima per la Esse Records, e destinato a rimanere inedito per oltre trent’anni (oggi è uno dei dischi più rari in assoluto).
Nel 1970 partecipa come corista, insieme alla sorella Loredana e ai Cantori Moderni di Alessandroni, al disco Per un pugno di samba, inciso durante il suo soggiorno a Roma da Chico Buarque de Hollanda, di cui la cantante sarà sempre grande estimatrice. Nello stesso anno, è il pianista Toto Torquati a convincere Mimì ad esibirsi dal vivo, accompagnandola nell’esecuzione di un repertorio a lei più congeniale.
Gli anni settanta
Il successo: Mia Martini
A rivelarsi determinante è l’incontro con l’avvocato Alberigo Crocetta, produttore discografico e scopritore di talenti come Patty Pravo e Mal, nonché fondatore del Piper. Crocetta decide infatti di lanciarla subito pensando al mercato internazionale e inventando perciò lo pseudonimo “Mia Martini”: Mia come Mia Farrow (attrice da lei prediletta), e Martini scelto fra i tre nomi italiani più famosi all’estero (spaghetti, pizza e Martini, appunto). Il suo look si fa più zingaresco, caretterizzato dai numerosi anelli e dall’immancabile bombetta.
Nel 1971 esce per la RCA Italiana Padre davvero, il primo brano pubblicato col nome di Mia Martini e registrato con il complesso La Macchina. Il testo (di Antonello De Sanctis) tratta di un conflitto generazionale tra padre e figlia, e viene subito giudicato “dissacrante” dalla censura radio-televisiva. Ma l’interpretazione, assolutamente innovativa, riscuote comunque parecchio interesse, tanto da ottenere la vittoria al Festival di Musica d’Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio. Sul retro di questo primo 45 giri c’è Amore.. amore.. un corno, altro brano d’impatto scritto da un giovanissimo Claudio Baglioni e da Antonio Coggio. Lo stesso Baglioni scrive anche Gesù è mio fratello (pubblicata su 45 giri, inaugura il suo filone spirituale) e la profetica Lacrime di marzo (facciata B del precedente), canzoni che trovano posto anche nell’LP Oltre la collina.
“L’importante è buttare i ricordi alle proprie spalle. Io l’ho fatto con un disco, un 33 giri intitolato Oltre la collina nel quale ho praticamente messo tutta me stessa, tutto il mio passato. Nella canzone “Padre davvero” c’è anche mio padre, che se ne andò di casa un giorno , vent’anni fa, e che da allora non abbiamo più rivisto. Ho saputo incidentalmente che abita a Milano e insegna in un liceo. C’è anche la mia esperienza con gli hippy ad Ibiza, in Spagna e a Katmandu, nel Nepal, in Oriente. Una vita avventurosa, imprevedibile, soprattutto sofferta.”
L’album, il primo della cantante, pubblicato nel novembre 1971, è considerato
tra i migliori lavori mai realizzati da una donna, nonché uno dei migliori della discografia d’autore. Oltre la collina è anche uno dei primi esempi di concept album italiani, il cui il filo conduttore sono la disperazione e la solitudine giovanile: l’LP affronta, infatti, tematiche quali la religiosità, la malattia ed il suicidio. Mia Martini ottiene anche l’attenzione di Lucio Battisti, che esprime il suo stupore dinanzi alla sua insolita vocalità, e la vuole nel suo unico special televisivo Tutti insieme, in cui Mia canta dal vivo Padre davvero.. in versione censurata.
Avrebbe dovuto partecipare a Canzonissima 1971 con il brano Cosa c’è di strano, ma il brano verrà pubblicato solamente nell’estate del 1973 in una compilation sempre della RCA, che però fu subito ritirata dal mercato per impedire che la Ricordi (nuova casa discografica della cantante dal febbraio 1972) denunciasse l’etichetta per violazione contrattuale.
Nel 1972, la RCA tenta di mandare Mia Martini al Festival di Sanremo con il brano Credo, altra perla appartenente al suo filone spirituale, che però non viene ammessa alla kermesse: il disco uscirà ugualmente, ma in pochissime copie.
Da Piccolo uomo a Minuetto (1972-1973)
Quando Alberigo Crocetta lascia la RCA e approda alla Ricordi di Milano, Mia Martini decide di seguirlo e riesce ad incidere Piccolo uomo, scritta da Bruno Lauzi e Michelangelo La Bionda, su musica di Dario Baldan Bembo, il quale inizialmente non nasconde la sua più totale contrarietà nell’affidare il pezzo ad un’artista poco più che esordiente.
Destinato, infatti, ai Camaleonti, il brano viene invece presentato dalla Martini al festival Pop, Beat, Western Express di Londra, il 26 maggio 1972. Piccolo uomo viene proposto anche alla manifestazione Un disco per l’estate, ma viene inspiegabilmente scartato; viene infine presentata al Cantagiro e al Festivalbar, dove Mia Martini ottiene la sua prima vittoria.
Il successo è infatti immediato, e la giovane interprete viene invitata nelle trasmissioni televisive più importanti: Adesso Musica, Senza Rete, Chissà chi lo sa, ecc.Il 45 giri raggiunge le primissime posizioni della hit-parade, e vale a Mia Martini il suo primo Disco d’oro per le vendite (sarà il 15° singolo di maggior successo nel 1972).
In settembre partecipa per la prima volta anche alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia con Donna sola, struggente brano dalle forti venature soul. Il disco si rivelerà essere il 45 giri di maggior successo dell’intera rassegna, con circa 270.000 copie vendute; di conseguenza la Martini verrà premiata l’anno successivo con la prestigiosa Gondola D’Oro. Donna sola giunge fino al 2º posto della hit-parade dei singoli più venduti durante il mese di novembre, classificandosi 23º nella graduatoria dei 45 più venduti dell’anno.
In ottobre esce il suo secondo album, Nel mondo, una cosa, che contiene anche Valsinha di Vinicius De Moraes e Chico Buarque De Hollanda (brano che lei stessa dichiarerà essere molti anni dopo il suo preferito in assoluto), la raffinata Amanti di Maurizio Fabrizio, e la struggente Madre, cover di John Lennon, fra le altre. Il disco raggiunge il 5º posto nella classifica degli album più venduti, risultando 33º nella complessiva graduatoria annuale, ricevendo il Premio della Critica Discografica come migliore LP del ’72.
Il 1973 è un anno pieno di impegni. A febbraio si reca in Germania per incidere i suoi primi successi in tedesco: Piccolo uomo diviene Auf der Welt, mentre Donna sola, Einsam. La Ricordi le propone di partecipare al Festival di Sanremo con il brano Vado via: Mia Martini in un primo momento accetta, per poi rinunciare in extremis decretando la fortuna di Drupi, che invece farà di Vado via un successo internazionale. Alla fine di marzo torna in Italia e il 2 aprile incide il capolavoro Minuetto, composto da Dario Baldan Bembo.
Il testo di Minuetto nasce dopo i tentativi di Maurizio Piccoli e Bruno Lauzi, che invano avevano cercato di realizzarne una stesura convincente; si decide pertanto di contattare Franco Califano, il quale – traendo spunto dalle ultime vicende sentimentali della stessa Mia Martini – riesce a cucirle addosso un successo senza tempo, successo dovuto anche ad un arrangiamento di ottimo livello, a supporto della complessa partitura di Baldan Bembo, in cui si possono individuare diverse atmosfere musicali: dalla citazione classica di Bach alle ballate pop d’oltreoceano. In sala d’incisione prendono parte al coro anche Bruno Lauzi, Maurizio Fabrizio, i Fratelli La Bionda, Loredana Bertè e Adriano Panatta (all’epoca fidanzati).
Minuetto, in assoluto la sua canzone più venduta, le vale un nuovo disco d’oro, nonché la seconda vittoria consecutiva al Festivalbar, cosa che in precedenza era riuscita solamente a Lucio Battisti; Il disco rimane nella top-ten dei 45 giri più venduti per 22 settimane consecutive, raggiungendo la seconda posizione, e risultando il 7° singolo di maggior successo del 1973.
A settembre Mia Martini partecipa nuovamente alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia presentando Bolero e Il guerriero, due brani molto intensi inizialmente destinati alla sorella Loredana, la quale però vede sfumare all’ultimo momento la possibilità di firmare anche lei un contratto discografico con la Ricordi, che in un primo momento però sembra interessata alla giovane starlette “sorella di Mia Martini”. L’uscita di questo nuovo singolo composto da Bolero e Il guerriero è programmata per ottobre, ma il disco non verrà mai commercializzato probabilmente a causa del cambio di regole attuato da Gianni Ravera: a Venezia non si concorre più con un 45 giri, bensì con l’intero LP. La cantante presenterà dunque il suo nuovo album, intitolato Il giorno dopo, e ritirerà la Gondola D’Oro vinta l’anno prima con Donna sola. L’album arriva fino al 5º posto in classifica e sarà il 26º 33 giri più venduto dell’anno. Oltre alle due canzoni presentate a Venezia, troveranno posto all’interno del nuovo LP, fra le altre, anche Ma quale amore, scritta da Antonello Venditti e Franca Evangelisti, La malattia, sul tema allora insolito e censuratissimo della tossicodipendenza, e Dove il cielo va a finire, probabilmente uno dei brani più belli e significativi della sua carriera, scritto da Maurizio Fabrizio.
In questo periodo sarebbe anche prevista una partecipazione a Canzonissima 1973 con il brano Adesso vai, ma quest’ultimo viene inciso da Dori Ghezzi l’anno successivo; non si hanno tracce di un provino di Mia Martini.
Il successo europeo (1974-1975)
Nel 1974 Mia Martini è considerata dalla critica europea la cantante dell’anno.
I suoi dischi escono in vari paesi del mondo: registra i suoi successi in francese, tedesco e spagnolo, ottenendo consensi significativi anche all’estero, in particolare in Francia, dove viene paragonata ad Edith Piaf. Il 29 aprile termina di incidere È proprio come vivere, un altro dei suoi album più belli, in cui Mia Martini conferma la propria modernità, nonché sensibilità interpretativa. È anche autrice, insieme a Giorgio Conte e Dario Baldan Bembo, del brano Agapimu, il cui testo è in greco.
I due brani scelti per la promozione dell’album, Inno (Piccoli-Baldan Bembo) ed ..E stelle stan piovendo (Piccoli) Mia Martini non riesce a fare poker con questo brano che, seppur molto poetico, raffinato e malinconico, non presenta un refrain di facile presa: Baldan Bembo lo definirà infatti un ‘quadro incompleto’. In ..E stelle stan piovendo la ricerca dell’amore viene materializzata da immagini poetiche di grande effetto.
Anche quest’anno Mia Martini partecipa al Festivalbar, ma soltanto in qualità di ospite: Vittorio Salvetti, patron della popolare manifestazione, le chiede di non partecipare alla competizione onde evitare di “bruciare la gara”, date le due precedenti vittorie consecutive. A settembre partecipa per la terza volta alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia, dove presenta Inno e Agapimu. Nel mese di ottobre, la cantante riceve dalla Ricordi il Disco d’oro per il suo primo milione di dischi venduti.
A fine anno registra il suo primo special televisivo, intitolato Mia, e a cui partecipano Lino Capolicchio e Gabriella Ferri, collega assai stimata dalla Martini: il programma va in onda all’inizio dell’anno successivo, in contemporanea al lancio del suo nuovo singolo: Al mondo.
A dicembre presenta, insieme ad Aldo Giuffré e Peppino Gagliardi, il programma radiofonico Ciao domenica, in onda tra il 1974 e il 1975.
Riceve il Premio della Critica Europea a Palma di Maiorca per il brano Nevicate, estratto dall’LP Sensi e controsensi (1975), uno dei più amati dall’artista, in cui compare anche Volesse il cielo di Vinicius De Moraes, registrata in presa diretta con un’orchestra di sessanta elementi.
Nell’estate del ’75 esce su 45 giri una cover di Nicole Croisille intitolata Donna con te (“Une femme avec toi”), con cui la Martini partecipa al Festivalbar, riscuotendo una buona accoglienza, pur essendo poi esclusa dalla serata finale in quanto gli ultimi appuntamenti radiofonici e televisivi che l’avevano riguardata, erano stati giudicati dalla Rai sufficienti per la sua promozione.
Viene proclamata miglior cantante donna dell’anno tramite il referendum “Vota la voce”, indetto dal popolare settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, mentre in autunno è una dei protagonisti della Compagnia stabile della canzone, varietà televisivo con Gino Paoli, Gigliola Cinquetti, Riccardo Cocciante e Gianni Nazzaro.
La rottura con la Ricordi e il ritorno alla RCA (1975/’76)
I continui successi spingono però la Ricordi a far pressione sulla Martini, obbligandola a incidere canzoni di esclusiva edizione dell’etichetta stessa: nella logica dei produttori, non è infatti necessario ricercare materiale proveniente da autori estranei alla casa discografica, dal momento che a loro giudizio la voce della cantante sarebbe comunque in grado di valorizzare qualsiasi tipo di brano, indipendentemente dal gusto e dalle scelte musicali della stessa Mia Martini, la cui libertà artistica finisce così per subire una forte limitazione. Essendo però vincolata da un contratto, la cantante non può tirarsi indietro, e quando la Ricordi le chiede espressamente un nuovo LP da promuovere in concomitanza con la sua partecipazione alla Compagnia stabile della canzone, è costretta ad assecondare le richieste della casa discografica, senza tuttavia nascondere la sua assoluta contrarietà per quanto concerne il criterio per la scelta dei brani da incidere.
La realizzazione di Un altro giorno con me, che sarà l’ultimo album pubblicato per la Ricordi, risulta parecchio controversa: Mia Martini ha la possibilità di scegliere pochissimi brani, tra quelli che le interessano davvero. Da segnalare, Questi miei pensieri e Milho verde, riproposte dal vivo fino agli anni novanta, ma anche Veni sonne di la muntagnella. Rimangono invece nel cassetto svariati inediti del periodo, per la cui pubblicazione – ovviamente postuma – bisognerà attendere circa trent’anni, e fra questi vi sono certamente Grande più di lei (inizialmente destinata a Mina), Meglio sì meglio se e Dire no: tre brani di rara intensità in cui Mia Martini dà il meglio di sé stessa.
Nel 1976, la cantante sembra nuovamente convinta a partecipare al Festival di Sanremo col brano L’amore è il mio orizzonte, salvo poi – ancora una volta – ripensarci in extremis. Nel mese di marzo, il brano viene ugualmente pubblicato su 45 giri, senza però beneficiare di una vera promozione: è l’ultima emissione ufficiale della Martini su etichetta Ricordi, quasi in contemporanea con la raccolta Mia.
Subito dopo, la RCA, storica etichetta romana che l’aveva lanciata cinque anni prima, le propone un’ottima offerta contrattuale che prevede, fra l’altro, anche l’assoluta libertà di scelta in fatto di repertorio: Mia Martini, che già da tempo meditava un cambio di etichetta, decide pertanto di rescindere anticipatamente il contratto con la Ricordi, dove le tensioni erano ormai divenute insanabili.
L’ingaggio alla RCA vede Mia Martini come artista di punta dell’etichetta-satellite Come Il Vento, in cui la cantante sembra ritrovare l’ambiente ispirato di cui ha bisogno. Al nuovo album Che vuoi che sia… se t’ho aspettato tanto, che alterna momenti di tensione melodica a brani più di tendenza, partecipano due autori di prestigio all’epoca misconosciuti come Amedeo Minghi (Ma sono solo giorni) e Mango (con Se mi sfiori), mentre ben quattro pezzi sono i pezzi firmati dal chitarrista Memmo Foresi (Noi due, Fiore di melograno, In paradiso, Una come lei). La title-track è invece un’altra canzone d’amore opera di Dario Baldan Bembo, che viene pubblicata anche come singolo (sul retro la femminista Io donna, io persona). Spicca, infine, l’intensa Preghiera, scritta da Stefano Rosso e posta a conclusione del disco, i cui splendidi arrangiamenti sono firmati da Luis Enriquez Bacalov.
Per il lancio dell’album, che ottiene un buon successo, la Rai realizza a colori uno special omonimo per la regia di Ruggero Miti, e trasmette in radio un concerto in esclusiva. In estate si esibisce in alcuni dei palchi italiani e internazionali più esclusivi, dalla Bussola di Viareggio allo Sporting Club di Montecarlo. Intanto, la Come il Vento provvede alla commercializzazione del singolo e dell’album in vari paesi europei e in Canada.
Inoltre, con Che vuoi che sia..se t’ho aspettato tanto, partecipa nuovamente sia al Festivalbar, dove ottiene un buon piazzamento, e poi anche alla Mostra Internazionale di Musica Leggera a Venezia, presentandosi con un look estremamente elaborato: lacca argentea sui capelli, trucco regale, e un sofisticato abito lungo rosso a fantasia dorata (Tv Sorrisi e Canzoni scrisse che la cantante “pareva essere inciampata in una cometa”).
L’anno termina con la registrazione dal vivo di uno special per la televisione francese, nel mese di novembre.
Nel frattempo, la cantante viene però citata in tribunale dalla Ricordi per inadempienza contrattuale; la casa discografica milanese chiede e ottiene non solo il ritiro dal commercio del suo nuovo LP, ma anche e soprattutto il sequestro di tutti i beni e i guadagni dell’artista, nonché il pagamento di un’altissima penale di quasi 90 milioni di lire.
Dai trionfi all’Olympia, all’incontro con Fossati (1977/’78)
Durante il concerto televisivo tenuto in Francia, Mia Martini viene notata da Charles Aznavour, il quale viene colpito dall’intensità del suo stile interpretativo: l’istrionico cantautore e attore francese la vuole accanto a sé per una serie di spettacoli in duo da portare fra i quali il Sistina di Roma, dove viene effettuata anche una ripresa televisiva.
Nel 1977 viene scelta per rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest con Libera, singolo che viene inciso in varie lingue e pubblicato in paesi come Spagna, Inghilterra, Canada, Giappone, e parecchi altri, dove riscuote un discreto successo malgrado il piazzamento non esaltante conseguito alla rassegna europea (13º posto).
Nello stesso anno incide una delle sue più grandi interpretazioni, e cioè Per amarti, brano per lei particolarmente rappresentativo, scritto da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio (gli stessi che anni dopo firmeranno la celebre Almeno tu nell’universo). Realizza l’omonimo album Per amarti, nel quale collabora per la prima volta col cantautore Ivano Fossati (che partecipa ai cori, canta in Un uomo per me, scrive la canzone Sentimento e il testo italiano di Se finisse qui, versione italiana di Give a little bit dei Supertramp), dando inizio a un sodalizio artistico e un legame sentimentale decisivi per la sua vita e la sua carriera.
L’album contiene anche il brano Ritratto di donna (scritto da Carla Vistarini con Massimo Cantini e Luigi Lopez), con cui Mia Martini partecipa come unica rappresentante italiana al Festival mondiale della canzone popolare di Tokyo, conquistando la vittoria.
Il 10 gennaio 1978, insieme ad Aznavour, debutta con grande successo all’Olympia di Parigi, tempio sacro della musica in Francia. Terminato però il mese di repliche, la cantante rinuncia al rinnovo del contratto per portare il recital in Inghilterra, esattamente alla Royal Albert Hall di Londra: sfuma, dunque, anche la realizzazione di un intero album in duo, inizialmente previsto.
Nel pieno della storia d’amore con Fossati, la sua attività è ora contraddistinta da un nuovo e più autentico spirito di lavoro e da un esclusivo interesse artistico, che la porta a valutare i progetti che le interessano davvero, a prescindere dal prestigio che possano recarle:
“Nel corso di questi anni ho finito per impersonare il tipo della cantante sofisticata per pochi eletti, che cantava all’Olympia e che sembrava snobbare il pubblico che le aveva dato il successo, per ricercare chissà quali traguardi più elevati.. Non è vero niente di tutto ciò…”
Nel frattempo, sopraggiungono nuovi contrasti con i suoi discografici: Mia Martini inizia a non sentirsi più benaccetta in RCA, probabilmente a seguito delle forti liti dovute alle notevoli modifiche apportate al testo e all’arrangiamento di Libera, che di fatto ne avevano snaturato la stesura originale, lasciando l’artista del tutto contrariata; la cantante lamenta anche lo scarso impegno da parte della casa discografica nel realizzare il nuovo LP destinato al mercato anglosassone, che infatti non verrà mai ultimato. L’anno successivo, la Martini accuserà pubblicamente l’etichetta di aver boicottato i suoi lavori, limitandone la distribuzione, e di averla di fatto ostacolata creandole intorno un ambiente a lei palesemente ostile.
Mia Martini passa così alla Warner Bros. Records, unica etichetta disposta a pagare l’intero debito contratto dall’artista con la RCA a seguito dell’anticipata rottura contrattuale. A tempo di record viene realizzato ed inciso il primo 45 giri, Vola (di Ivano Fossati), i cui esiti commerciali risultano però penalizzati dal periodo in cui viene pubblicato: a luglio inoltrato, infatti, le ferie estive e la chiusura dei negozi determinano uno slittamento dell’uscita del disco; Vola arriva pertanto in vendita solamente nel mese di settembre, quando è già abbondantemente iniziata la promozione e il brano suona già nei juke-box da diverse settimane.
Vola è in realtà il preludio ad una seconda e ben più importante collaborazione con Fossati, che a fine anno si estenderà nell’intero album Danza, un lavoro di grande spessore considerato tra i suoi migliori in assoluto, per lei interamente scritto e prodotto dal cantautore ligure.
Di questo LP, i brani Canto alla luna e La costruzione di un amore rimarranno a lungo nel repertorio dell’artista, così come l’omonima Danza, scelta per promuovere l’album e uscita su 45 giri nel 1979. Ma i rapporti con Fossati ben presto si complicano, e in seguito a ciò sfuma una sospirata collaborazione con Pino Daniele che prevedeva la realizzazione del successivo album. La stessa Mia Martini ricorderà questo particolare periodo della sua vita in un’intervista di Ivana Zomparelli pubblicata su Noi Donne, nel maggio 1990:
“Intanto era iniziato, su basi sanguinolente e catastrofiche il rapporto con Ivano Fossati. E avevo il mio bel da fare con questo campo minato. Avevo un contratto con un’altra casa discografica, e ho dovuto romperlo a causa sua. Perché era geloso, dei dirigenti, dei musicisti, di tutti. Ma soprattutto era geloso di me come cantante. Diceva che mi voleva come donna, ma non era vero perché infatti non ha voluto nemmeno un figlio da me, e la prova d’amore era abbandonare del tutto anche la sola idea di cantare e distruggere completamente Mia Martini. Io ero combattuta, non riuscivo a farlo. Il fatto che ci fossero tutti quei debiti da pagare era il mio alibi per non smettere. Ma quando si è opposto violentemente alla collaborazione con Pino Daniele, alla quale tenevo moltissimo, per un album che dovevo fare, questa lotta tra me donna e Mia Martini è diventata una cosa feroce. E infatti quando sono andata in sala registrazione per incidere il disco, senza Pino Daniele, mi è andata via la voce. Mi sono ritrovata con le corde vocali imprigionate in una spessa membrana formata da noduli. Pare che sia una cosa rarissima. Ci sono voluti due interventi chirurgici. Sono stata muta un anno. E non si sapeva se sarei potuta tornare a cantare. Ho ricominciato, con fatica…”
Gli anni ottanta
“Sono stata troppo disponibile per il lavoro, ho sempre avuto attorno gente che mi lodava non per quello che sono, ma per quello che potevo rendere loro. Questo della canzone è un ambiente terrificante e ho voluto restarmene fuori, restandomene dietro le quinte per tre anni. Mi sono disincantata. So qual è il marciume che sta dietro a un’artista e non voglio più essere coinvolta. Continuerò a cantare, ma a piccole dosi. Nel mondo dello spettacolo tutti cercano di stritolarti, di infangare la tua dignità. E, alla fine, siamo noi che ne rispondiamo davanti al pubblico, con la nostra faccia. (…) Impresari disonesti, per risparmiare, mi hanno costretta a cantare con impianti sonori di poco conto; mi hanno costretta a tappe forzate sotto la minaccia di una penale. E, così, sono finita due volte sotto i ferri. Dopo l’operazione per tre mesi non potevo neanche parlare. Mi hanno operata tenendomi la bocca aperta mediante un apparecchio d’acciaio che mi ha ferito tutto il palato. È stato un periodo dolorosissimo.”
Da interprete a cantautrice
Nel 1981, dopo un anno di silenzio seguito ai due difficili interventi alle corde vocali (che ne modificarono il suono in favore di una timbrica più roca), l’artista è decisa a proporsi anche come cantautrice, presentandosi con un look più discreto e maschile, lontano anni luce da quello eccentrico degli anni settanta.
Realizza per la DDD di Roberto Galanti l’album Mimì: dieci brani quasi interamente scritti da lei e registrati tra Londra e gli USA con gli arrangiamenti di Dick Halligan.
I risultati sono sorprendenti e variano le atmosfere musicali: degne di nota Parlate di me, Sono tornata e Del mio amore. Vengono estratti due singoli (E ancora canto e Ti regalo un sorriso, con cui partecipa al Festivalbar) e nel complesso il disco ottiene un buon successo di vendite malgrado non poche difficoltà riscontrate nella promozione radio-televisiva, dovute ad una certa forma di ostracismo nei suoi confronti, che la cantante inizia a denunciare in varie interviste:
“Dopo l’uscita del mio disco dovevo partecipare a Saint Vincent, ma Gianni Ravera non mi ha voluto. Dovevo realizzare uno special televisivo che la RAI mi aveva assegnato, ma il funzionario addetto al programma alla fine me lo ha negato. Un programmatore radiofonico e televisivo, che sta curando la realizzazione di un programma estivo per la Rete, ha detto chiaramente ai miei discografici che è molto meglio che io stia alla larga dalla sua troupe, perché porto jella. Tante grazie per questo contributo alla intelligenza. Ma ti sembra giustizia? Ormai ho smesso anche di odiarli e di soffocare la mia rabbia e di disperarmi.”
Un importante rilancio avviene nel 1982 con la prima partecipazione di Mia al Festival di Sanremo, dove interpreta ancora una canzone scritta da Ivano Fossati, intitolata E non finisce mica il cielo. La qualità di un brano di questo tipo, spesso destinato a non raggiungere il podio, viene comunque riconosciuta dai giornalisti con il prestigioso Premio della Critica, istituito appositamente per lei. Dopo la sua morte, il Premio della Critica verrà intitolato in suo onore “Premio Mia Martini”.
Nello stesso anno scrive uno dei suoi testi in assoluto più validi, Quante volte, su musica e arrangiamento soft-funk di Shel Shapiro, produttore anche dell’intero LP Quante volte… ho contato le stelle, col quale Mia Martini sembra riavvicinarsi ai risultati di vendita del decennio precedente, superando le 70.000 copie vendute.
Inizialmente il singolo di Quante volte, che rimane uno dei suoi più grandi successi, viene distribuito in poche migliaia di copie, ma dopo il suo primo ingresso in hit-parade la DDD si affretta a ristamparlo (con copertina differente), ottenendo un riscontro commerciale più che positivo: Quante volte entra in classifica anche in Germania, motivo per cui ne viene registrata una versione tedesca, che però rimarrà inedita.
Nell’album, che la cantante dedica al padre, compaiono altri brani firmati dalla stessa Mimì: Stelle, Bambolina (proposta su singolo l’anno dopo) e Vecchio sole di pietra su musica di Fossati (episodio del tutto eccezionale nella carriera di quest’ultimo, abituato a scrivere testi e musiche delle sue canzoni). Fra gli altri autori, compaiono invece Gianni Bella (del quale riprende Nuova gente con testo di Mogol), Mimmo Cavallo (con cui aveva già intrapreso una collaborazione due anni prima) e Riccardo Cocciante, oltre all’affezionato Maurizio Piccoli che firma Solo noi, retro del singolo Quante volte.
Il ritiro dalle scene
Sul finire del 1983 decide di ritirarsi dalle scene, a causa delle dicerie sorte circa dieci anni prima e divenute insistenti proprio nei primi anni ottanta, che legano la sua fama ad eventi negativi.
La stessa Mia Martini anni dopo dichiarerà in merito a questo periodo:
“La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che un manager mi scongiurò di non partecipare a un festival, perché con me nessuna casa discografica avrebbe mandato i propri artisti. Eravamo ormai arrivati all’assurdo, per cui decisi di ritirarmi.”
Sempre a questo proposito, la Martini avrà modo di dichiarare in un’intervista su Epoca del 5 marzo 1989:
“La delusione più cocente me la diede Gianni Boncompagni, un amico per l’appunto. Una volta fui ospite a Discoring, lui era il regista. Appena entrai in studio sentii Boncompagni che diceva alla troupe: ragazzi attenti, da adesso può succedere di tutto, salteranno i microfoni, ci sarà un black out.”
In un’altra intervista con Enzo Tortora, la Martini definisce Boncompagni “detestabile”.
Pertanto, organizza al teatro Ciak di Milano due concerti-evento con musicisti di prim’ordine, in cui registra l’album Miei compagni di viaggio: Mia Martini ripercorre le tappe più importanti della sua crescita musicale attraverso le reinterpretazioni di autori a lei particolarmente cari, tra cui John Lennon, Kate Bush, Randy Newman, Vinicius de Moraes, Fabrizio De André, Francesco De Gregori e Luigi Tenco. Ai cori di un brano piuttosto emblematico come Big yellow taxi di Joni Mitchell partecipano anche la sorella Loredana Bertè, l’amica vocalist Aida Cooper, Cristiano De André e Ivano Fossati. Il concerto si chiude con il significativo brano Ed ora dico sul serio (“..Non vorrei cantare più”) di Chico Buarque.
L’anno successivo, la DDD prova un ulteriore tentativo per rilanciare la carriera di Mia Martini cercando di farla partecipare al Festival di Sanremo 1985 con Spaccami il cuore, raffinatissimo brano di Paolo Conte, che però viene scartato dalle selezioni per accedere alla kermesse: è l’ennesimo atto di ostracismo che per la cantante comporta una devastante delusione.
Il contratto con la DDD viene risolto alcuni mesi dopo con la pubblicazione su singolo del pezzo in questione, anche se in poche migliaia di copie; sul retro è presente un’originale composizione della stessa Mimì intitolata Lucy, “che nel refrein si avvale di un’antica filastrocca di Bagnara Calabra: una preghiera a non odiarsi e a non dividersi. La protagonista è una specie di multiforme simbolovitale: rappresenta la madre, il padre, la terra e la vita. A questi simboli se ne aggiungono altri. Sul modello delle antiche civiltà matriarcali, trasfigura l’essenza femminile nella Luna d’Occidente e simbolizza la figura maschile nel Sole dell’Oriente, divinità delle civiltà patriarcali.”
Emarginata dal mondo dello spettacolo e visibilmente provata anche dalla fine del rapporto con Fossati, Mia Martini si chiude dunque in sé stessa, ritirandosi nella campagna umbra. Per sopperire alle notevoli difficoltà economiche, continua comunque ad esibirsi in località di provincia, accompagnata da gruppi non sempre all’altezza della sua professionalità.
Il ritorno al successo
Nel 1989, è il musicista e discografico Giovanni Sanjust, che molti anni prima aveva seguito il suo percorso artistico alla Ricordi, a riportarla sulle scene dopo averla convinta a rimettersi finalmente in gioco. Il rilancio della cantante viene così pianificato nei minimi dettagli insieme alla Fonit Cetra, l’unica etichetta disposta ad offrirle la possibilità di un contratto, affidando il progetto a Lucio Salvini, anch’egli discografico della Martini all’epoca in cui incideva per la Ricordi.
Sanjust recupera per l’occasione un vecchio brano, scritto proprio per lei da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio nel 1972, in contemporanea a Piccolo uomo, e rimasto tuttavia inedito: Almeno tu nell’universo. Grazie all’interessamento di Adriano Aragozzini, il brano viene ammesso al 39º Festival di Sanremo, dove l’esibizione di Mia Martini suscita gli entusiasmi del pubblico e le vale per la seconda volta il Premio della Critica: un assoluto trionfo che pone fine a un altro dei tanti periodi bui, ogni volta superati con un consenso sempre maggiore.
«Erano sette anni che non potevo più fare il mio lavoro, per cui ho avuto dei momenti di grande depressione. E in quel momento ho sentito “fisicamente” questo abbraccio totale di tutto il pubblico, l’ho sentito proprio sulla pelle. Ed è stato un attimo indimenticabile.»
Il successo di Sanremo la incoraggia ad intraprendere una vera nuova tournée dal vivo, e ad incidere un nuovo LP dopo diversi anni, intitolato semplicemente Martini Mia…. Si tratta di un lavoro realizzato a tempo di record, che racchiude canzoni come Notturno, divenuta nel tempo un piccolo classico, e la stupenda Donna, scritta due anni prima dal cantautore napoletano Enzo Gragnaniello, il quale – dopo aver assistito, commuovendosi, ad un’esibizione dal vivo di Mia Martini nel periodo più buio della sua carriera – decide di omaggiarla scrivendo di getto uno dei primi brani esplicitamente incentrati sulla tematica della violenza fisica e psicologica sulle donne, e dando così inizio ad una felice ed entusiasmante collaborazione che si protrarrà per diversi anni.
Nell’estate dell’89, Donna viene presentata al Festivalbar, dove le viene consegnato il Disco d’oro per le oltre 100.000 copie vendute del suo album. In autunno vince anche la prestigiosa Targa Tenco come miglior interprete femminile dell’anno.
Gli anni novanta
I successi sanremesi, l’Eurofestival, le collaborazioni con Roberto Murolo e i rapporti con Loredana Bertè
Nel 1990 bissa al Festival di Sanremo, il successo dell’anno precedente interpretando con la consueta classe La nevicata del ’56 (C. Vistarini, F. Califano / M. Cantini, L. Lopez), per cui riceve ancora una volta il Premio della Critica.
La nevicata del ’56 viene inserita in un ottimo album quale è La mia razza (il brano omonimo è stato scritto da Giangilberto Monti e Mauro Pagani, con il contributo di Fabrizio De André, che però non compare nei crediti), un lavoro in cui la Martini spazia dalla melodia (Un altro Atlantico, che avrebbe dovuto presentare a Sanremo), ai ritmi etnici (Danza pagana di Mimmo Cavallo, arrangiata da Alessandro Centofanti) e latini con Chica chica bum di Carmen Miranda, precedentemente cantata a Fantastico. Il disco racchiude anche Io e la musica di Amedeo Minghi, Domani più su, firmata da Enrico Ruggeri e Dodi Battaglia dei Pooh, e altri tre brani di Enzo Gragnaniello.
Nel 1991 pubblica Mi basta solo che sia un amore, una raccolta delle sue canzoni d’amore più belle in versione originale, unitamente all’inedito Scrupoli, sigla dell’omonimo programma televisivo. Ma nello stesso anno si dedica soprattutto ad un progetto molto ambizioso: tiene dodici concerti in cui ripropone brani del proprio repertorio e di altri cantautori in versione jazz (Vola, Pensieri e parole di Battisti, Gente distratta di Pino Daniele, unitamente ad altri classici del genere arrangiati da Maurizio Giammarco). La tournée viene documentata nell’album Mia Martini in concerto (da un’idea di Maurizio Giammarco), del quale però la Fonit Cetra stampa solamente ventimila copie.
Il suo amore per la città di Napoli è testimoniato da un’altra grande esperienza musicale, quella del duetto col grande Roberto Murolo nella celeberrima Cu’mme (ancora di Enzo Gragnaniello), uscita sul finire del 1991.
Nel 1992 è di nuovo in gara al Festival di Sanremo con un altro dei suoi maggiori successi, Gli uomini non cambiano, su testo di Giancarlo Bigazzi e Beppe Dati, due fra gli autori più prolifici della musica italiana. Data per super-favorita dalla stampa durante la settimana della kermesse, in extremis le viene assegnato il secondo posto, mentre a vincere sarà Luca Barbarossa. L’album uscito a ridosso della kermesse, Lacrime, è destinato a rimanere uno dei suoi album più venduti, conquistando un nuovo disco d’oro, ed entrando anche nelle classifiche tedesche. Il disco si avvale, fra l’altro, delle firme di Biagio Antonacci (Il fiume dei profumi), Mimmo Cavallo (Dio c’è, Il mio Oriente), Enzo Gragnaniello (Scenne l’argento), e Maurizio Piccoli con la stupenda Uomini farfalla, in cui gioca sul tema dell’omosessualità.
Il secondo posto sanremese le consente nuovamente di rappresentare l’Italia all’Eurofestival, che quell’anno si svolge in Svezia. In quest’occasione presenta un brano dal titolo Rapsodia, che viene incluso nell’omonima raccolta Rapsodia – Il meglio di Mia Martini, con i suoi brani più noti in versione rimasterizzata, unitamente a due tracce live registrate durante il tour Per aspera ad Astra, nato in previsione della realizzazione di un home video, che però viene pubblicato solamente postumo dalla Polygram (sua nuova etichetta discografica).
All’Eurofestival in un primo momento la cantante è esposta ad una grande attenzione mediatica soprattutto per essere “la cognata di Borg” (l’ex-tennista svedese che Loredana Bertè sposò nell’89). Successivamente da il meglio di sé suscitando gli elogi del pubblico svedese, apparendo per altro ben lontana dal temperamento della sorella Loredana.
Ed è proprio in questo periodo che recupera il rapporto con la sorella dopo anni di silenzi e di profonda incomunicabilità. Loredana ha nel frattempo interrotto il legame con Björn Borg, al quale si era unita in matrimonio qualche anno prima, preparandosi ad un ritorno da cantautrice, incoraggiata proprio dalla sorella, che accetta così di duettare con lei nel brano Stiamo come stiamo, presentato al Festival di Sanremo 1993. Ma quello che poteva essere l’evento musicale dell’anno, in realtà non riesce a convincere le giurie, anche a causa delle continue tensioni tra le due Bertè nei giorni della rassegna canora. Ad ogni modo, Stiamo come stiamo verrà definita una “canzone assolutamente splendida sul disagio nei nostri tempi” e verrà ripresa dalla Martini in versione solista nella tournée estiva. Inoltre, sempre nello stesso anno, Mia Martini e la sorella riproporranno il duetto anche nel primo live di Loredana, Bertex – Ingresso libero.
Sempre nel 1993, di nuovo insieme ad Enzo Gragnaniello e Roberto Murolo, incide Vieneme: il brano non riesce però a bissare il grande successo di Cu’ mme’, anche a causa della scarsa promozione, dovuta al rifiuto della cantante, dichiaratasi stanca di dover continuare ad esibirsi al fianco di Murolo senza però ricevere alcun compenso per la partecipazione vocale prestata ai suoi lavori.
Le discordie con la Polygram, l’album La musica che mi gira intorno e i progetti futuri
Successivamente la Polygram la obbliga a presentarsi alle selezioni per il Festival di Sanremo 1994. La canzone E la vita racconta viene scartata, ma in questo caso è la stessa Mia Martini a non essere convinta del brano. Ad ogni modo la notizia suscita un certo clamore, tanto che Claudia Mori propone il proprio ritiro dalla kermesse canora in favore della Martini: ovviamente il regolamento non consente una simile sostituzione, che comunque la cantante non avrebbe accettato, pur apprezzando il gesto della collega.
Nel 1994 passa ad una nuova casa discografica, la RTI Music, con cui termina di incidere il nuovo album iniziato attraverso la precedente etichetta, con la quale però sorgono nuove divergenze. Il disco, l’ultimo della sua vita, si intitola La musica che mi gira intorno, in cui rilegge con grande forza interpretativa quelle canzoni che molti dei suoi autori preferiti avrebbero scritto in un momento di grande amore, o di grande fragilità, a prescindere dal loro impegno politico-sociale: Fabrizio De André (Hotel Supramonte), Francesco De Gregori (Mimì sarà), Zucchero (Diamante), Vasco Rossi (Dillo alla luna), Lucio Dalla (Stella di mare) Eugenio ed Edoardo Bennato (Tutto sbagliato baby), e naturalmente Ivano Fossati con ben tre pezzi (La canzone popolare, I treni a vapore, e La musica che gira intorno, su cui gioca il titolo dell’album). A confezionare il tutto un inedito di uno dei suoi artisti più apprezzati, (Viva l’amore), di Mimmo Cavallo che è anche il brano trainante del disco, e destinato a diventare il suo ultimo successo in vita.
La musica che mi gira intorno è in realtà solo il primo di una serie di progetti improntati alla rilettura di vari autori e generi musicali, che l’artista non ebbe il tempo di realizzare: dai classici napoletani (un disco che vorrebbe intitolare Napoli Mia) a quelli più moderni di Pino Daniele (autore da lei amatissimo, volutamente tralasciato nell’ultimo album per poi dedicargli un capitolo discografico a sé), fino ai tributi a Tom Waits e Billie Holiday.
Nel marzo del 1995, due mesi prima della morte, Mia Martini annuncia al suo fan club Chez Mimì di voler realizzare un album dedicato completamente alla luna, dal titolo Canto alla luna (brano del 1978 scritto per lei da Ivano Fossati e pubblicato nell’album Danza). I brani sarebbero stati: Canto alla luna, Dillo alla luna, Verde luna, Luna rossa, Blue moon, Luna bianca e due inediti, Alla luna, scritta appositamente per lei da Franco Fasano e Luna sciamanna, scritta da Mimmo Cavallo.
Per il 1996 era inoltre prevista anche una collaborazione con Mina, che Mia Martini ha definito “la più grande artista che abbiamo in Italia”: entrambe erano legate da un rapporto di amicizia e stima, più volte confermato dalla Martini nel corso degli anni. Sarà proprio Mina, a pochi mesi dalla scomparsa della collega, la prima cantante a dedicarle un omaggio discografico nell’album Pappa di latte, dove è inserita una sua personale versione di Almeno tu nell’universo.
La morte improvvisa
Quando nei primi mesi del 1995 annunciò con entusiasmo la partenza per una nuova tournée con la partecipazione di Mimmo Cavallo e dei suoi musicisti, era già da qualche anno che la cantante soffriva di un fibroma all’utero per il quale non intendeva operarsi, temendo probabili cambiamenti al timbro vocale. Per questo motivo assumeva farmaci anticoagulanti le cui dosi sono poi state pubblicamente giudicate eccessive da familiari, amici e colleghi.
Pochi giorni prima della sua morte, mentre è già impegnata con i primi concerti del nuovo tour (per un totale di circa sessanta date), la cantante viene ricoverata per due volte sia ad Acireale che a Bari, a causa di dolori fortissimi allo stomaco e al braccio sinistro, tipiche avvisaglie di una grave sofferenza dell’organismo, che però vengono ignorate anche dal suo entourage.
Il 14 maggio 1995, dopo giorni di silenzio, il suo corpo senza vita viene ritrovato nell’appartamento in Via Liguria 2, a Cardano al Campo (VA), dove si era trasferita da un mese per essere più vicina al padre, con il quale si era riconciliata da diversi anni.
Intervistata per lo speciale televisivo de La storia siamo noi, andato in onda a dieci anni dalla scomparsa dell’artista, fu la sorella Olivia a dichiarare di averla sentita telefonicamente per l’ultima volta qualche giorno prima del suo ritrovamento, e di aver appreso che la cantante fosse molto affaticata dagli ultimi concerti; avrebbe inoltre avvisato la sorella di non preoccuparsi se non avesse risposto al telefono, perché impegnata con la preparazione in cuffia del brano da presentare a Viva Napoli. L’artista viene infatti ritrovata in pigiama, con ancora le cuffie alle orecchie, riversa sul letto e con il braccio proteso verso il telefono.
La Procura di Busto Arsizio apre un’inchiesta e dispone per l’autopsia: secondo il referto, la morte dell’artista è avvenuta per un arresto cardiaco da overdose di stupefacenti, cocaina secondo l’autopsia.
Le ipotesi di suicidio succedutesi nei giorni seguenti la notizia della tragica morte di Mia Martini, sono state più volte smentite dalle sorelle. Alcuni anni dopo, è Olivia (la minore delle Berté) a definire addirittura “stupendo” l’ultimo periodo di vita della cantante, sia dal punto di vista degli impegni professionali, che per quanto riguarda l’ambito familiare.
Ai suoi funerali, svoltisi alle 16.30 del 15 maggio a Busto Arsizio, nella chiesa di San Giuseppe presso viale Stelvio, presero parte centinaia di fan, quattromila persone secondo la Questura di Varese, tra cui un buon numero di persone dello spettacolo e colleghi. La sua bara era coperta da una bandiera del Napoli, la squadra di calcio per cui faceva il tifo.
Il corpo fu cremato alla svelta, e successivamente il caso archiviato. Per volontà del padre, le sue ceneri si trovano nel cimitero di Cavaria con Premezzo, accanto ai nonni.
Nel maggio 2009 la sorella Loredana Bertè, in un’intervista a Musica leggera, torna a parlare della morte della sorella, gettando pesanti ombre sul ruolo del padre nell’intera vicenda. Un anno dopo, in una durissima intervista televisiva a Top Secret del 10 giugno 2010, la Bertè accusa nuovamente il padre di avere usato violenza contro la prima moglie e le figlie durante l’infanzia (accuse puntualmente confermate dalla sorella Leda), ma soprattutto denunciando di aver visto il corpo di Mimì ricoperto di lividi e che la sua salma sia stata cremata troppo in fretta dopo il decesso.
Fonte: Wikipedia